Dopo i fatti di Caivano, che aggiungono nuovo orrore alle già note endemie di Napoli e provincia, si è sollevato un coro di “più scuola e più lavoro”. Il Governo ha risposto dapprima con misure sicuritarie, poi promettendo una “bonifica” (parola di Giorgia, e speriamo sia efficace come quella delle Paludi Pontine), poi con la promessa di una accelerata ad Agenda Sud, il piano di misure di rafforzamento delle scuole a rischio, nonché del recupero di un complesso sportivo a Caivano.
Sono atti concreti, o meglio promesse di atti concreti. Ma è chiaro che occorre agire più in profondità in un territorio (Caivano è solo una delle tante aree complicate alle nostre latitudini) dove tutte le declinazioni dell’orrore (violenza sui bambini, criminalità, armi diffuse come fosse un far-west, droga, malaffare) sono sempre figlie dello stesso padre, ovvero della gravissima povertà educativa, oltre che materiale. Siamo tutti d’accordo, ci vogliono interventi che incidano sul piano culturale e civico e che siano strutturali; e tuttavia, non è sufficiente da parte della società civile (intellettuali, politici) limitarsi a gridare “più scuola e più lavoro”. Cosa vuol dire? Scuola e lavoro sono termini vuoti, se pensiamo che gli insegnanti rifuggono non appena possono da questi territori difficili, dove la loro stessa incolumità è a rischio, e il lavoro non è arrivato neanche con le promesse dei navigator. Più scuola e più lavoro, quindi, diciamo oggi, e poi voltiamo pagina domani, pensiamo ad altro, perché la scuola è sempre la stessa e il lavoro non si crea d’emblée a tavolino.
Ben vengano, dunque, i progetti per l’estensione del tempo pieno a più scuole, per la creazione di laboratori, e di spazi decenti per lo sport e la ricreazione. Ma non possono e non devono mancare azioni che puntino ad una “rieducazione” complessiva dei contesti più deprivati. Rieducazione non è una parolaccia e bisogna avere il coraggio di usarla. Piccola parentesi: ci provò Manfredi, sindaco di Napoli, alcuni mesi fa, con un intervento per la gestione della movida a Chiaia. Disse che gli interventi puntavano a “rieducare”: apriti cielo! Tutti a gridare allo scandalo. Risultato: il provvedimento fu ritirato e corretto. E invece, tornando a Caivano e dintorni, un progetto complessivo di rieducazione è quel che ci vuole. Una possibile ricetta da cui partire c’è già: è il modello messo a punto da SavetheChildren, che di ragazzi senza futuro ne sa qualcosa. Oltre ad asili nido e tempo pieno come regola in tutte le scuole, con mensa gratuita, occorre prevedere specifiche esenzioni da tutte le spese per gli alunni nelle zone ad alta povertà educativa (viaggi di istruzione, abbonamenti sportivi…), incentivi economici per insegnanti in queste aree e percorsi speciali di carriera, sostegni al reddito per le famiglie che dimostrano di impegnarsi per la frequenza scolastica o per attività educative. Trasformare insomma le zone a rischio in aree “ad alta densità educativa”. Lo sport e la musica, ma anche il cinema e musei e teatri, per i giovani in queste aree devono essere gratuiti. Non solo scuola e lavoro, e non parole al vento.
Se davvero si vuole incidere sulla scuola, poi, si prevedano anche figure nuove, che offrano là dove ci vuole i contenuti necessari: educazione ai diritti e ai doveri, educazione sessuale (ormai un vulnus vistosissimo e gravissimo nell’istruzione scolastica italiana). Infine, non si condannino a priori le azioni punitive o di controllo. I presìdi, anche fisici, sono indispensabili, o ogni intervento che comporti invio di fondi sui territori correrà il rischio di trasformarsi in un banchetto di festa per la criminalità.