Francisco de Goya, "Saturno che divora suo figlio"

Gaza, e il Natale di Saturno che uccide i propri figli

Non le sentite nelle viscere mentre accendete l’albero di Natale? Non le sentite nelle viscere, mentre i vostri figli o nipoti da un palcoscenico incantato recitano la storia del Natale? Non le sentite mentre vi affrettate a comprare giocattoli e regali inutili, che si aggiungono alle decine che già avete? Non le sentite, oggi più che mai, le urla dei bambini di Gaza? Le urla dei bambini di Gaza che muoiono come mosche nell’indifferenza, nel silenzio complice, nell’afasia politica di chi non può neanche pronunciarsi per un cessate il fuoco?

 

Per Natale non cantiamo “pace in tutto il mondo”, facciamo l’unica cosa che c’è da fare. Chiediamo con la faccia, la nostra, il cessate il fuoco immediato a Gaza, e la liberazione degli ostaggi. La fine della morte dei bambini, la fine delle sofferenze di quelli che sono in trappola, senza viveri e senza vie d’uscita. Se vogliamo onorare questo Natale abbiamo un’unica cosa da fare: rompere l’indifferenza, con forza. Troppo tiepide le reazioni per un problema complicatissimo, su cui è difficile mantenere equilibrio. Ma nelle emergenze bisogna guardare alle priorità, e oggi, a Natale, la priorità è urlare, indignarsi e difendere le vite che restano, i civili a Gaza, e gli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Soprattutto i bambini, che sono come i nostri, come quello felice e paffuto che a mezzanotte adageremo sulla paglia nella stalla, per rinnovare il rito della nascita di Gesù, per chi è credente, o per ricordare il valore e la bellezza del legame familiare, per chi credente non è. A Betlemme non sarà Natale quest’anno, non si può festeggiare in un teatro di guerra. Papa Francesco tutti i giorni parla della “uccisione di civili inermi”, del “terrorismo”. Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente Cei, ha parlato di “Natale di Erode, della strage degli innocenti”.  “Un cessate il fuoco umanitario immediato e duraturo è l’unico modo per porre fine all’uccisione e al ferimento dei bambini e alla loro morte per malattie, e per consentire la consegna urgente di aiuti salvavita disperatamente necessari”, ha dichiarato il portavoce dell’UNICEF, James Elder, martedì scorso. Ci sono le ragioni storiche, sociali, c’è la atroce azione di brutali terroristi, una minaccia che non può essere in alcun modo sottovalutata, ma oggi nella Striscia di Gaza si contano quasi ventimila morti, di cui migliaia di bambini innocenti, e tutto questo non è tollerabile, non se ci consideriamo umani, nel senso più universale del termine, che non ha bandiere e si contrappone alla ferocia delle bestie.

 

Questo è il Natale di Erode. Ma a ben guardare è anche il Natale di Saturno, che divora i propri figli, come nei quadri di Rubens e Goya: è così, perché siamo tutti della stessa specie, e quei figli sono anche i nostri. Chi non parla, oggi stesso – dalla cattedra, dall’altare, dallo scranno su cui siede, dalla sedia attorno alla tavola imbandita – perché la corrente politica impone equilibrio, chi non si pronuncia perché teme di scontentare una parte, chi non ha il coraggio di dire che ciò che accade a Gaza non è tollerabile, sceglie di non vedere, e banchetta con Saturno. Avremmo potuto fare di più, dobbiamo fare di più. Avrei voluto anche qui un Natale senza ipocrisie, un Natale senza festa. Un Natale senza bambinello. Un Natale in piazza a difendere i bambini che sono ancora vivi.

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