Qualcosa di veramente concreto sulla questione femminile lo ha detto Carolina Farina, dalla provincia di Napoli. Carolina è una consulente finanziaria in pensione, madre di una ragazza. Carolina è mia zia, e un giorno mi scrive: “Mi ha molto colpito la storia di Giulia Cecchettin, la ragazza che si doveva laureare ma che è stata uccisa dall’ex fidanzato. E’ domenica, guardo il Tg2, ne stanno parlando, raccontano lo sconcerto della classe politica, discutono sulla possibilità di inserire nelle scuole l’educazione all’affettività, di insegnare il rispetto verso le donne. Subito dopo parte il Tg2 Motori, si parla della fiera delle moto di Milano, ed ecco belle ragazze in mostra con abiti attillati o succinti. Ma non ti sembra un grande controsenso con quello che è stato detto poco prima? Le ragazze in mostra danno la visione della donna oggetto, ma un oggetto si possiede, si rompe, si getta. Basta, sono tutti ipocriti! Non credi?”.
Poco dopo le fa da controcanto il marito. “Ma le ragazze in moto non erano spogliate. Per loro è un lavoro per guadagnare qualcosa, io non ci ho visto nessun controsenso”. Carolina dubita, indietreggia: “io invece sì, ma forse mi sbaglio”.
Si fa tanto parlare di decostruire gli stereotipi attorno alle donne, di affrontare il problema culturale, di abbattere i vecchi retaggi. Sono andata a ripescare la puntata del 19 novembre Tg2 Motori. Il problema, ho sospettato sin da subito, non è tanto, o non è solo, come sono vestite le ragazze, ma che cosa fanno: è lì che dobbiamo andare a guardare. Le modelle inforcano le moto potenti tra le gambe, agitano i capelli, girano con una bella camminata intorno ai bolidi fiammanti, occhieggiano, mandano baci, sorridono, e stop. Le ragazze in tute attillate, mini-abiti e shorts fanno il loro lavoro, che è quello di abbellire la scena, evidentemente, di rendere le moto in vendita ancor più desiderabili. Ora il servizio si sposta al padiglione orientale della fiera, e anche lì, ahimè, la situazione è la stessa. Non ho statistiche sotto mano, ma ad occhio direi che gli acquirenti di due ruote sono in larga parte di sesso maschile, e allora, non sarebbe stato più logico prendere dei modelli maschi per ‘illustrare’ le moto? Per consentire una migliore identificazione, ma anche per un maggiore realismo in termini di stazza, fisicità. Arriviamo alla Fiat, che al salone di Milano presenta la bella nuova versione della mini-auto “Topolino”, e vuoi vedere che qui troviamo un ragazzo, magari con coppola e bretelle come un tempo…macché, perdete ogni speranza: anche qui una bella ragazza in shorts, con fiocco tra i capelli.
Ma quello della fiera delle moto è solo uno dei tanti esempi. Anno 2023, 107 femminicidi fino ad oggi, la maggior parte dei quali per ragioni di possesso, e in televisione abbondano le donne oggettificate, ridotte a funzione ornamentale o di richiamo sessuale. Qualche sera fa, mi sintonizzo su una trasmissione sportiva di una tv locale a Napoli, si parla di calcio, ecco la scena: uomini in abito e cravatta che discettano e una donna con maglietta cut-out che pare non capire un granché, su uno sgabello, è disorientata. Cristiana Capotondi, attrice, qualche giorno fa ha invece focalizzato l’attenzione sui testi della musica trap, dove le donne sono spesso dipinte come oggetto sessuale nella maniera più squallida, e non mancano i riferimenti a gesti violenti del maschio. E, cambiando contesto, a chi non capita a lavoro di assistere a riunioni o parterre con soli uomini? Coincidenze? Quando capita, lo noto, e mi infastidisco. Spesso lo faccio presente.
Questo è lo scenario, a brandelli, a grandi linee. Questo è quello che c’è oggi, il problema è vederlo. E allora lancio una proposta, perché c’è bisogno subito di qualcosa di concreto, sul piano educativo e culturale. Si faccia un manifesto, con tutto quello che non va. Con le voci di donne che notano come le donne nelle pubblicità, in tv, nelle canzoni, nei contesti lavorativi sono ancora trattate come carrozzerie, o come contorno, o come eterne seconde, un passo indietro. Si faccia un manifesto per la parificazione, in modo che tutti e tutte leggendolo a scuola o sui giornali o sui social possano trovare gli occhi e le parole per riconoscere le forme di subordinazione che ancora esistono. Zia Carolina ci ha visto giusto, è questo il modo per decostruire. Facciamo tutti come lei.